ZETA ESPRESSO
Le più recenti ricerche dimostrano che definire una strategia non è mai stato più difficile. Cosa può accadere: che le grandi imprese che dominano i propri mercati da decenni possano essere sorprese da start-up con modelli di business innovativi, o da concorrenti maggiormente capaci di anticipare le preferenze dei consumatori o, peggio ancora, che non riescano a cogliere le opportunità date dalle tecnologie emergenti.
Per evitare di incombere in una strategia soddisfacente in determinati ambiti ma fallimentare nel complesso, lo ZPS™ suggerisce di adottare un approccio ‘olistico’, ma di questo parleremo più avanti.
Nel desiderio di cogliere nuove opportunità prima di chiunque altro, molti imprenditori non si rendono conto che più valore crea il loro modello di business, più concorrenza avranno. Considerate il modello di business dei veicoli elettrici, che oggi suscita così tanto entusiasmo. Tesla aveva la più alta capitalizzazione di mercato mai registrata tra le case automobilistiche – e la sesta degli Stati Uniti (672 miliardi di dollari al 12 aprile) – superiore a quelle di Ford, GM, Toyota, Daimler e Volkswagen insieme. Sfortunatamente, l’industria dei veicoli elettronici del futuro apparirà molto simile all’industria automobilistica del presente e poiché le barriere all’ingresso sono tutt’altro che elevate, data la semplicità dei veicoli elettrici e il basso numero dei componenti, è molto probabile che entreranno nel mercato altre aziende. Inoltre, la sostenibilità del vantaggio competitivo raggiunto da Tesla è tutt’altro che scontata: oggi è un brand ammirato con un differenziale di performance importante, ma Porsche, BMW e Mercedes si candidano a sfidarne design ed expertise ingegneristica. L’esigenza di raggiungere una certa dimensione produttiva ha spinto Tesla a introdurre altri modelli (ad oggi sono sette), che se da un lato ha portato il suo output totale a 500.000 macchine all’anno, dall’altro crea inefficienze. Insomma, Tesla fa fatica ad acquisire valore pur vantando un modello di business entusiasmante.
Insuccessi come quello appena raccontato si devono, troppo spesso, al mancato approccio olistico alla strategia da parte del CEO. Il concetto di olismo (che significa “tutto” inteso come intero) introdotto in ambito gestionale ed organizzativo sposta l’attenzione dagli elementi che compongono un fenomeno aziendale alla complessità degli stessi e delle loro interazioni. Tale approccio permette all’azienda di intraprendere il giusto raggio d’azione, di adottare un assetto operativo tale da potersi riadattare…in pratica consente di mettere in campo tutte quelle azioni necessarie non solo a raggiungere ma anche a mantenere un vantaggio competitivo di lungo termine. Riportiamo due esempi. La Nasty Gal è stata una delle prime aziende a entrare nel business della moda online. Bene, è andata in fallimento perché non ha considerato che gli eccessivi tentativi di espansione ne avrebbero stressato l’organizzazione (priva di una leadership efficace) e indebolito il vincolo affettivo che legava i clienti al brand. Un esempio di successo invece è l’iniziativa Creating the New di Adidas, che si concentra sul time-to-customer (ed offre ai consumatori ciò che vogliono, quando, dove e come) in città-chiave dal punto di vista strategico (per identificare trend emergenti) e sull’innovazione open-source (in collaborazione con partner del settore, dello sport e dell’intrattenimento).